La Pietà araba di Aranda: immagine che ricorderemo

Originariamente pubblicato su PadPad.eu.

World Press Photo of the Year 2011, Samuel Aranda
Photo by Samuel Aranda: Fatima al-Qaws cradles her son Zayed (18), who is suffering from the effects of tear gas after participating in a street demonstration, in Sanaa, Yemen, on 15 October 2011.

Non sapremo mai chi è questa donna che culla un parente ferito, ma insieme diventano l’immagine vivente del coraggio delle persone comuni che hanno contribuito a creare un capitolo importante nella storia del Medio Oriente. Con queste parole il presidente della giuria del World Press Photo, Aidan Sullivan, ha giustificato la scelta della giuria di quest’anno di premiare la fotografia del giovane fotografo spagnolo Samuel Aranda.

L’immagine del fotoreporter non è altro che l’incarnazione, calata nel contesto del mondo arabo di oggi, della celebre posa della Pietà cristiana. La famosa immagine, cara all’iconografia dell’arte cristiana, da Michelangelo che ne fece la sua ossessione plastica, a Bellini, fino a Rubens e Ribera, è un soggetto fondamentale per decifrare l’arte antica cristiana. Ma non solo. E’ anche il soggetto iconografico ricorrente con cui suole confrontarsi molta arte contemporanea, in fotografia – basti pensare ai recenti scatti di Serrano – e nell’arte di performance: tutti ricordano la celebre azione di Marina Abramović, in cui l’artista abbracciava il corpo del compagno Ulay.

Un’immagine iconica prediletta dagli artisti perché simbolo di amore, di compassione, e incarnazione visiva suprema del dolore, di chi piange la morte di un una persona amata o di una fede amorosa in qualcuno, che poi è tragicamente finita. Dove il soggetto può tingersi anche di elementi politici qualora il Cristo assuma le vesti di un eroe vinto, portatore di una verità scomoda per l’autorità, affermata sino al costo di perdere la vita per essa. Entrambe le sfumature di significato si trovano nella foto di Samuel Aranda: il vinto è un ferito negli scontri con l’autorità rappresentata dal governo yemenita, caduto sotto i colpi della violenza bruta che questo applica per affermare una volontà cieca e tirannica. E una donna lo abbraccia in una vera e propria deposizione, consolandolo dalla sofferenza, e forse dalla morte che lo attende.

Dove lo scatto, è inutile precisarlo ancora una volta, non è il frutto di un set pensato dall’artista fotografo per raccontare una sua visione del mondo, ma scaturisce dell’abilità del reporter nel catturare l’immediatezza di un momento, raccolto nella realtà vera della rivoluzione yemenita. Dove la forza e l’efficacia comunicativa dello scatto di Aranda risiedono nella capacità di rappresentare la realtà attraverso lo strumento del topos visivo, che ha il potere supremo della facile intelligibilità, della fortissima fascinazione simbolica, e di lasciare una traccia nella memoria ben più lunga di qualunque altra immagine. Se la donna in questione, poi, porta il velo nero sugli occhi, questa caratteristica fa sì che essa venga immediatamente identificata come araba. Solo così una foto diventa un simbolo del dolore e del sacrificio del popolo arabo nel suo cammino di emancipazione. Solo così un’immagine è capace di fare il giro del mondo come ha fatto la foto vincitrice dell’anno scorso, il ritratto di Bibi Aisha, la ragazza cui era stato tagliato il naso dai talebani, o come l’indimenticabile foto del 1972 di Nick Ut della bambina vietnamita nuda in fuga dal napalm dei soldati americani.

Se poi, osserviamo la foto con attenzione notiamo che la sua forza risiede non solo nel potere documentario, ma nel suo punto di vista quasi definibile sottilmente artistico: il fotografo non solo è stato testimone di uno spaccato di realtà, ma non tralascia la sua personalissima visione. Che è cristiana, che ha l’occhio di un occidentale su una scena di umanità comune. In altre parole, attraverso uno sguardo che appare parziale, il fotografo – artista ci regala un’unica ed irripetibile immagine di Pietà Musulmana e di una madonna coperta di un velo nero. Sarà per questo motivo che ricorderemo per lungo tempo questa immagine come una grande opera d’arte.