La street-art fra ecologia e territorio

La street art fra ecologia e territorio

Pubblicato su FPmag, nell’ottobre 2016.

Negli Stati Uniti la street-art è oggi l’investimento classico delle società immobiliari, soprattutto relativamente ad una ristretta rosa di nomi di artisti i cui prezzi stanno volando lungo l’onda della rivalutazione come Banksy, Os Gemeos e Shephard Farley. Sembra che l’abitudine corrente dei gruppi made in USA operanti nel settore del mattone consista nell’investire in opere temporanee, realizzate direttamente nelle proprietà, tali da agire sulla leva del prezzo,[1]cui poi si affiancano gli acquisti delle opere da mercato, per capitalizzare l’investimento. Mentre di fronte ad una domanda privata crescente i galleristi americani mettono in guardia sulle caratteristiche ambigue di questo investimento, a volte prelevato direttamente dal muro, in Italia il dibattito sulla street-art non ruota tanto attorno al tema della sua natura di oggetto di mercato, quanto a quella di bene a cavallo fra il pubblico e il privato. Recentemente le riflessioni circolate sulla stampa di settore che sono sollevate dal caso della cancellazione del graffito di Blu a Bologna hanno dibattuto sul tema della proprietà intellettuale.[2]

Diciamo che le due visioni, quella americana più market-oriented e una europea, public oriented, sono antitetiche, ma anche complementari, e tali da definire la natura complessa di questi lavori.

Sotto il profilo economico di bene, infatti, l’opera di street-art è perfettamente a cavallo fra il pubblico e il privato: se pubblico è infatti l’impatto che essa ha nel territorio in cui è stata realizzata, quantificabile in benefici culturali ed economici, la natura privata del lavoro è tale al momento della messa sul mercato dell’opera. Inoltre privati sono gli interessi dei proprietari degli immobili sui quali le opere sono realizzate, come privato è l’interesse dell’artista stesso, il cui diritto a decidere della propria opera è tutelato dalla legge sul diritto d’autore.

Dal lato delle amministrazioni pubbliche è difficile agire in un’ottica di intervento programmatico sul territorio nei confronti di questa forma d’arte, sia per la difficoltà a distinguere le opere meritevoli dai graffiti che sono danno per la collettività, sia per la natura anti-sistema degli artisti del movimento street, che mantengono dei comportamenti volutamente ambigui nei confronti delle istituzioni.

A Milano, dove l’amministrazione di recente ha mostrato un atteggiamento aperto nei confronti dei graffiti,[3]si sono avuti episodi di positiva concertazione fra azione pubblica e privata per alcuni progetti meritevoli. Un caso è quello del graffito dell’artista Millo, realizzato a via Morosini in Zona 4. Il progetto, come precisa lo stesso Millo, è scaturito non solo dall’interesse privato del proprietario del palazzo di via Morosini, ma anche “da una forte volontà di riqualificazione da parte del Consiglio di Zona 4 di un area, in cui c’era una vera e propria mini-discarica a cielo aperto”. Il graffito, il cui titolo è ‘Lost and Found’ e unifica in un unico disegno di un abbraccio due figure collocate sui palazzi affiancati, ha rigenerato l’area sotto il profilo al punto che l’amministrazione ha voluto nell’area antistante un parco giochi per bambini, che è anche sede di un festival culturale estivo.

Millo, che abbiamo interrogato sull’eventuale conflitto fra la natura contro-culturale del movimento street e operazioni di questo tipo, non sembra affatto stupito che la street-art stia diventando uno strumento nelle mani delle amministrazioni sotto forma d’arte legale, qualora il suo fine converga con quello del pubblico nella riqualificazione delle aree. Il conflitto svanisce a favore progetti di collaborazione con le istituzioni pubbliche, che sua detta stanno germogliando in tutto il mondo, dalla Norvegia, all’Australia, fino alla Cina.

Un altro episodio di una sperimentazione molto interessante legata all’arte dei murales si è avuto ancora a Milano, protagonista l’artista Fabrizio Modesti. Si tratta del primo graffito realizzato allo scopo di attuare un intervento di carattere ecologico, volto al miglioramento della qualità dell’aria. Lo strumento che ha consentito l’operazione è una pittura innovativa prodotta dalla società Airlite, “capace” secondo le parole del CEO dell’azienda Antonio Cianci, “di integrare in un prodotto di largo uso come la pittura un purificatore d’aria 100%”. Questa vernice, attraverso un complesso procedimento chimico che utilizza la luce, attacca gli agenti inquinanti dello smog e li trasforma in acqua e sali minerali, neutralizzando il potere nocivo dei gas inquinanti. L’effetto della reazione è che una superficie tinteggiata a vernice ha lo stesso effetto purificatore di altrettanti metri quadri di un bosco.

Fabrizio Modesti, Riflessione, 2016, via Console Flaminio angolo via Saccardo, Milano. © Stella Bortoli. Courtesy Made in Lambrate.
Fabrizio Modesti, Riflessione, 2016, via Console Flaminio angolo via Saccardo, Milano. © Stella Bortoli. Courtesy Made in Lambrate.

Il graffito dell’artista Fabrizio Modesti di via Console Flaminio angolo via Saccardo, dal titolo “Riflessione”, sponsorizzato da Airlite e da IKEA, è stato messo in opera allo scopo non solo di rigenerare l’area urbana, ma anche di purificarla dagli agenti inquinanti.

Mariano Pichler, presidente dell’associazione Made in Lambrate, nata nel distretto dell’arte contemporanea e del design, ci racconta che la genesi del progetto è “nella collaborazione che si è aperta fra Made in Lambrate e Vivaio”, associazione civica che lavora allo scopo di rendere Milano una città Europea all’avanguardia. Dal canto suo Airlite ha trovato una convergenza con IKEA per questo intervento, dove il murale è stato parte di un progetto dell’azienda #IKEAlovesEARTH, che ha visto la realizzazione di undici graffiti in undici città italiane, con un richiamo alla natura e alla sostenibilità. Consequenziali sono state poi le scelte e del luogo e dell’artista: l’incrocio tra via Saccardo e via Console Flaminio è simbolica porta di ingresso per entrare a Milano, mentre l’artista è un pittore che ha consacrato l’intera carriera al tema dell’albero.

La concertazione anche qui è stata possibile per una convergenza di interessi privati di diversa natura, dove secondo le parole di Pichler “l’ecologia in primo luogo è un fatto culturale oltre che essere sempre più necessaria nella vita quotidiana di  tutti”, e dove questo progetto è destinato a diventare il primo di una serie lunga serie, con l’obiettivo di trasformare Lambrate nel primo quartiere di Milano Pollution Free.

[1] Paul Sullivan, 2016, Collecting Street Art: have room on your wall for a wall, International NY Times, 8 luglio 2016.

[2] http://www.artribune.com/2016/03/bufera-street-art-a-bologna-blu-cancella-le-sue-opere/

[3] cfr. http://www.comune.milano.it/wps/portal/ist/it/servizi/lavoripubblici/la_street_art_in_citta