Pubblicato su Forbes Italia n° 5 di marzo 2018
Nato regista si è scoperto scultore. Francesco De Molfetta si diverte con i miti dell’arte e della storia. Fino alla demistificazione dei mostri sacri della cultura e l’ingresso nel mondo della moda.
Aveva vinto un prestigioso Ambrogino d’oro come regista, ma poi il caso lo ha trasformato in uno scultore di successo, che ha intessuto la sua carriera di mostre e di collaborazioni con aziende di moda. Francesco De Molfetta ci racconta che l’incontro con l’arte fu meramente casuale, grazie al fotografo Giorgio Colombo che lo introdusse al mondo delle gallerie. “A poco più di vent’anni, mi ritrovai catapultato nel mondo dell’arte, con i miei lavori collezionati dalla Fondazione degli Elkann e il museo Lamborghini”.
Le opere dell’epoca erano sculture in cui l’artista giocava con i miti dell’arte e della storia, facendoci sorridere fra humor e ironia. Poi il discorso legato alla demistificazione si è ampliato per arrivare a tocca- re mostri sacri della cultura pop contemporanea: dalla Barbie che da icona sexy diventa una ragazza obesa, al Michelangelo trasformato in omino Michelin. “Da bambino volevo fare il giocattolaio. Credo di esserci riuscito”, dice sorridendo.
Fondamentale è stato per lui vivere a Los Angeles per due anni, fra il 2008 e il 2009, dove conosce il ceo di Nike, Mark Parker, che acquista alcuni suoi lavori. “L’esperienza americana è culminata con la partecipazione ad una mostra al MOCA di Los Angeles e l’inclusione del mio lavoro sull’antologia internazionale della Toy Art”, racconta non senza orgoglio.
Il gioco con la cultura pop contemporanea è arrivato fino a toccare i soggetti sacri e marchi sacri della moda, come Vuitton, con l’opera intitolata Lourdes Vuitton. In questo lavoro ricopre una scultura ottocentesca raffigurante la madonna con lo storico monogramma, cosa che indusse la maison francese a chiamarlo. “Dopo che alla Biennale di Arte Sacra Contemporanea la scultura aveva destato attenzione mediatica, l’azienda mi convocò, preoccupata del fatto che i clienti chiedessero di acquistare l’opera nei loro store”. Ma quando accenniamo alla parola provocazione risponde candido: “Si tratta di un omaggio alla sacralità della femminile, che ho immaginato nelle vesti di una Madonna contemporanea, vestita con uno dei loghi più desiderati”.
Con la moda ha preferito collaborare realizzando progetti fatti ad hoc e lavorando in sinergia, come con la Henry Cottons del gruppo Moncler, per cui ha disegnato una collezione di borse, e la linea di abiti firmata con lo stilista Tom Rebl.
Il suo lavoro ha sempre un aspetto tec- nico molto sofisticato, che lo ha portato recentemente a studiare a Capodimonte. “Ho lavorato con una delle storiche aziende di porcellana napoletana”, spiega serissimo, “recuperando antichi calchi settecenteschi. Da qui sono nati lavori che sembrano i ninnoli della credenza della nonna, attualizzati alla luce del nostro presente consumistico”. Stupire con la sua arte sospesa fra gioco serio e faceto sarà sempre il suo obiettivo, fino ad oggi centrato in pieno.